Come ridurre i costi energetici in serricoltura: la Cogenerazione

Un impianto a biogas  da 1 MW, ad esempio, potrebbe alimentare circa.1.5-1.7 ha di serre 

ciclo cogenerazione

Nonostante le loro serre altamente tecnologiche e le rese da primato, anche gli Olandesi si scontrano da tempo con il problema dei costi energetici.

In Italia se ne comincia a parlare solo ora, ma per l’Olanda è già preistoria. Una prima soluzione per abbassare il peso dell’energia, infatti, processo iniziato oltre 10 anni fa, è stato quello di sostituire le caldaie a condensazione (recupero della CO2 dai fumi di combustione tramite condensatori) con impianti di cogenerazione.

Invece che bruciare il gas per sfruttarne solo la componente termica, lo si fa con un motore endotermico che produce energia elettrica, termica e CO2 (grazie a un catalizzatore a urea che ripulisce i fumi).

L’energia elettrica può essere usata per alimentare delle lampade fotosintetiche, ma soprattutto può essere venduta in rete. In Olanda sembrava la soluzione perfetta per tutti i mali della serricoltura, e in effetti lo era, tanto è vero che serre senza cogenerazione è difficile trovarne ora.

Il serricoltore può vendere l’energia elettrica di giorno, quando vale di più e quando gli serve anche la CO2, mentre il calore è accumulato per la notte in forma di acqua calda in un buffer (serbatoio coibentato). Se si usa l’illuminazione notturna, l’energia viene acquistata in rete, perché costa meno del proprio costo di produzione, quindi di giorno può essere venduta all’asta al miglior offerente (in Olanda esiste un vero mercato libero e trasparente dell’energia): o per quota, o in base alle offerte per il giorno dopo, o minuto per minuto.

Con la vendita dell’energia si pagavano gas, catalisi, manutenzione e ammortamento del motore, mentre alla serra rimanevano il calore e la CO2: perfetto! Purtroppo il verbo è al passato e i guai sono arrivati dai vicini Tedeschi.

A forza di investire su pale eoliche, fotovoltaico, biogas e biomasse, il Nord Germania si ritrova ora con un surplus di energie rinnovabili che deve “smaltire”. Niente di meglio che venderle ai vicini Olandesi a prezzi stracciati e con la corsia preferenziale di cui godono le rinnovabili.

Risultato: chi ha acquistato l’impianto di cogenerazione negli ultimi 3-4 anni e non è ancora a metà delle rate con la banca, non sa più come far tornare i conti del business plan: l’energia rinnovabile tedesca è spesso meno cara del costo di produzione del cogeneratore (il problema è stato oggetto recentemente anche di interrogazioni al parlamento olandese per cercare delle soluzioni).

Non sembra godere di miglior fortuna nemmeno il matrimonio tra cogenerazione da biogas o biomasse. Primo perché è più complicato accoppiare una serra a tali impianti, rispetto a uno a metano fossile; secondo perché è assai più difficile o troppo costoso recuperare la CO2 dai loro fumi di combustione. E senza CO2 rinunciamo a un +25% di rese, quindi dovremo acquistarla liquida (ottenuta tra l’altro per condensazione dei fumi di una centrale termoelettrica a metano), e buttare quella (sporca) che esce dal nostro camino.

Per fortuna in Italia non abbiamo di questi problemi, visto che si sono costruiti centinaia di impianti, senza pensare minimamente a come sfruttare il calore residuo: un impianto a biogas o biomasse da 1 MW, ad esempio, potrebbe alimentare ca. 1.5-1.7 ha di serre e dare un valore annuale di ca. 70-80mila € al calore che oggi viene semplicemente buttato nel fosso. 

Fonte: agricoltura24.com

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