Il peperoncino per restaurare e trattare gli agenti biologici presenti nei beni culturali

peperoncino_700x437[1]La caratteristica principale del peperoncino è che i suoi frutti producono metaboliti secondari come i capsaicinoidi, il cui principale componente è la capsaicina, la causa del sapore piccante anche nota per l’azione antimicrobica e deterrente nei confronti di potenziali predatori/patogeni.

In virtù di queste caratteristiche, la capsaicina potrebbe trovare un utilizzo anche nel restauro, per trattare gli agenti biologici presenti nei beni culturali, i quali sono la causa di vari tipi di alterazioni sulla struttura e composizione dei materiali originali.

Tuttavia, l’applicazione di questo alcaloide nel campo del restauro necessita ancora di ulteriori sperimentazioni che attestino la sua efficacia contro diversi bio-deterioramenti della pietra e altri materiali (ancora non studiati).

La capsaicina risulta efficace contro alghe, cianobatteri, diatomee e protozoi presenti nelle pietre, come riportato da alcuni autori.

La capsaicina sembrerebbe essere prodotta nei frutti di Capsicum per proteggere i semi nel momento della loro dispersione nel terreno: tale sostanza li preserverebbe infatti dall’attacco di alcuni funghi del genere Fusarium che, presenti nel suolo, sono responsabili del marciume di semi e radici

In Italia la produzione del peperoncino interessa soprattutto la Calabria (100 ettari, con il 25% del totale), Basilicata, Campania, Lazio e Abruzzo che nell’insieme soddisfano solo il 30% del fabbisogno nazionale. Il resto è importato da Cina, Egitto, Turchia. Anche in Italia sono coltivate numerose varietà che si distinguono per la piccantezza, forma dei fiori e frutti, colore e caratteristiche qualitative

Fonte: Enea,  Magaloni , Bacchetta e Balducchi,

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